…Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito. …
Giorgio Caproni
Dal ritorno alla partenza dunque.
Rispetto all’oblio dei primi anni dell’infanzia si potrebbe anche pensare che non siano mai stati, invece che immaginare e credere ci sia un trauma che influenzerebbe e condizionerebbe la vita ove compaiono i ricordi.
Originario dunque l’oblio, quindi fantasmatico il pensare un inizio ed un fine vita, un inizio ed una fine del tempo, ma i tempi passato, presente, futuro come declinazioni, giochi linguistici di un itinerario narrativo assolutamente originario, che si ciba di occorrenza per incontrare la provvidenza e quindi proseguire.
Itinerario quindi di scrittura, di cifra, che inventa il proprio copione, che non è mai stato. In questo itinerario anche i progetti e i programmi si scrivono, ma non possono essere acquisiti e diventare obiettivi.
L’analisi di un blocco che non consente di proseguire il viaggio non è per capire ove sorge il blocco, il trauma, dove sia situato, localizzato, ma è perché articolando il fantasma del blocco, elaborando la situazione, la parola possa proseguire ad agire, perché è la parola ad essere localizzata, è l’azione ad essere situata, è l’atto a non essere più originario, è il gerundio che è venuto a mancare, è la voce udita che si è tramutata in detto, in fatto, in luogo comune e sociale.
Il locale, il provinciale è questo vincere prima, questo giocare sapendo già chi sarà il vincitore, girare intorno a giochi già fatti.
Ben venga dunque il sintomo, altrimenti la calma piatta, la morte bianca della provincia, la tristezza della casta.
L’analisi dunque come dispositivo di ascolto, perché la parola ritrovi il suo rischio, perché la voce ritrovi la sua astrazione.
Devastante l’orda sempre crescente di psicopompi dediti alla ricerca demonologica, alla decifrazione terroristica del trauma originario.
La Parola e la città non prevede nessun provincialismo, nessun satellite periferico vagante intorno, mantenente o mantenuto.
La Parola e la città, la sua anarchia e la sua civiltà.
Il ritorno è originario, il due, la simultaneità.
Qualcosa è simultaneo con qualcosa che deve ancora avvenire. Freud: “la dove l’Es era l’Io deve avvenire”.
La vita che si scrive trova il proprio copione e la propria partenza, intesa come l’inizio della favola, “il c’era una volta”, non come l’uno che si diparte in due.