Il camoscio è ancora umano, può risparmiare, può avere pietà del cacciatore ed il branco rende omaggio, è riconoscente, totemizza il capo branco, si raccoglie intorno ad esso quasi fossero funerali di Stato.
La farfalla invece cosa fa?
La farfalla vola, vola in maniera rapsodica, tanto che rispetto al planare degli uccelli non da l’idea che possa esistere l’aria.
La farfalla, questo battito di ciglia, questa cucitura del canto.
Da dove viene e dove va? Giunge all’improvviso e scompare tra un gioco d’ali di luce e di nuvole.
La farfalla è insostanziale eppure è essenziale per far precipitare le cose…si posa sul corno e fa crollare a terra il cacciatore che portava il camoscio sulle spalle.
La farfalla non si lascia prendere nel centro, non si lascia centrare dal mirino del cacciatore, lo irride posandosi sulla canna del fucile.
La farfalla, il sembiante, che si pone come interlocutore, che nel volo distratto, nel volo tra le nuvole, si posa sul fiore giusto, al momento giusto, coglie l’istante, propone l’altra temporalità assolutamente fuori luogo e fuori tempo, crea il tempo, contrappunta perché una conversazione precipiti, perché le cose siano imminenti, procedano dal futuro.
La resistenza alla psicanalisi è la resistenza al sembiante, a quella che Freud chiamava la peste, all’istanza pulsionale che fa procedere nel malintendimento e fa intendere tra le parole, nell’interlocuzione.
Come dunque porsi come interlocutore?
L’insostanzialità della farfalla, che in primavera allo sciogliere della neve nulla lascia se non l’impronta sul corno del camoscio…così come Cristo sul sottilissimo tessuto di lino.
Gli aquiloni alti nel cielo nulla hanno dell’aquila, ma piuttosto della farfalla e del suo scattoso vorticare.
E le ombre cinesi non assomigliano forse alla farfalla?
La farfalla sembra non essere un animale, così come la medusa.
Se la medusa è lo sguardo la farfalla è lo specchio.
E la voce?
Forse la cicala e il suo irrintracciabile vociare tra la pineta e il cielo, dopo essere nata nella terra e aver depositato il ninfale abito sulla corteccia.
La cicala, che Omero nell’Iliade indica come emblema dell’eloquenza.
Come dunque far virare la loquacità in eloquenza?
12 Marzo 2010