“Qualcosa non va”, provvediamo, il rimedio del provvedere che è anche trovata, “Cosa hai rimediato?”
“C’è qualcosa che non va” condizione essenziale per la provvidenza.
Chi ha provveduto? Perché localizzare un provveditore?
L’indaffaramento per sopportare la rappresentazione di “quel qualcosa che non va”, del resto di qualcosa che si scrive, che resta in quanto rilascia sempre un resto, una temporalità che non passa e non scorre.
L’ostacolo interviene e dice di un va e vieni della parola, come fluenza, ma l’ostacolo non è localizzabile perché dimora nella simultaneità, nell’infinito attuale.
Se la vita non si scrive, se l’esperienza non è condizione della vita in atto ma produzione del catalogo di attività soggettuali, ecco che la vivenza decade in sopravvivenza che si ciba di giorni che passano, o in sottovivenza che si alimenta di squallore.
Per qualcuno sembra non esserci la provvidenza e nella vita è tutto uno scontro, per cui le cose sono disastrose.
Le religioni che istituiscono un provveditore dicono di una paura di volare, di sognare (molti hanno paura di volare e molti nei sogni volano).
La provvidenza come sostegno al volo, se le cose non giungono in maniera provvidenziale si precipita, ci si schianta.
L’emofilia come esorcismo rispetto all’arresto del volo.
Senza provvidenza nessuna leggerezza, la vita diviene pesante, solamente celata dietro l’ottimismo ed il perseguimento soggettivo del benessere (in tutte le sue accezioni).
“Dio vede e provvede”…il “vedere prima” della provvidenza è un vedere differente, asincrono, immaginario, in quanto non vi è visione della cosa, ma immaginazione…l’immaginazione di cui sono provvidi i bambini è perché vi è l’immagine in azione…l’immagine non può che essere in atto, in azione, non identifica la cosa…l’immagine, la mimesi, il simulacro è originario, non l’ontologica cosa, il metafisico ente.