La sincerità

 

Sincerità, semplicità.

Quella persona è semplice, è sincera, è genuina, è autentica.

Genuina, da genu = ginocchio, il bambino che è preso in ginocchio, è riconosciuto dal padre come figlio.

Quella persona riesce a essere autorevole perché è figlio. E’ figlio perché in atto non è figlio di padre e di madre, il padre e la madre gli stanno innanzi, non gli appartengono, li trova nel racconto della cose che fa.

Non fa le cose che ha detto, né farà le cose che racconta. Racconta e fa, simultaneamente.

Se il Padre è il nome il Figlio è il significante e lo Spirito è l’Altro, cioè lo spirito dell’ironia che non è fare lo spiritoso, ma attiene all’ironia che può essere solo della sorte, della provvidenza.

Lo spirito come spirito d’iniziativa. Le cose che fa non le fa finalizzate a qualcos’altro. Nel suo fare senza soggetto, senza idea di se degli altri e del mondo, c’è allenamento, c’è lena per occuparsi di altre cose con interesse ed entusiasmo.

Quella persona non si regge sul significato, non punta al significato, quella persona assume importanza perché è significante, è figlio.

La semplicità dunque non è soggettuale, tanto meno volontaria. Non si può decidere di essere semplici. Quando le cose si fanno, si dicono, si scrivono, sono semplici.
“Sì ma in realtà non è così facile, ci sono delle difficoltà..”

Come diceva Gavito, un celebre ballerino di tango argentino “El tango es como la vida, es simple, no es fácil”.

Nella vita non si può partire dal facile, occorre puntare alla riuscita, alla qualità, alla conclusione, alla semplicità.

Tutto ciò oggi sembra tanto difficile perché viviamo in un discorso socialmente condiviso, che evita la difficoltà evitando il sembiante, l’oggetto nella parola e la sua provocazione.

Provocazione al viaggio, alla vita come percorso intellettuale, dove arte, industria, impresa, scienza, sono della Parola, si incontrano facendo.

Come saperci fare con questo sembiante? Come far sì che gli incontri che facciamo siano dispositivi d’apertura assoluta, perché l’Altro sia ospite e quindi inatteso, perché si possa puntare al compimento, perché ci sia scommessa di riuscita?

Facendo, parlando, scrivendo.

 

18 Marzo 2010

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *