LA MASCHERA, LA PERSONA, IL PERSONAGGIO

Mascare, il trucco per andare in scena, ciascuna volta simile ma ovviamente differente, ma anche quindi non prestabile, non ripetibile.
Anche la sembianza occorre s’instauri ciascuna volta.
Persona, l’individuo che indossa la maschera (e diviene personaggio) per amplificare il suono.

Invece la persona si caratterizza, si dota di carattere, per essere uguale a se stessa, per essere identificabile, per conoscersi, per trovare agio nel proprio abito, nel proprio personaggio, per ripetere le proprie abitudini, i metodi universali che la fanno stare bene, per coltivare il culto del benessere.
Tutto ciò dice che in azione vi una logica di padronanza predicativa, preventiva, deterministica, determinante soggetto e oggetto.

Quale altra logica per uscire da questo inviluppo?
Nessuna logica, nessuna logia procede dall’atto, è riscontrabile nella Parola in atto, nel gerundio, perché l’attenzione, la tensione è rivolta all’inedito, alla novità di una contraddizione non risolta nella dicotomia tra dire e fare. I contraccolpi di indossare l’abito, di abitare il luogo comune, non si risolvono in sedazioni farmacologiche e contemplative, in indaffaramenti e passaggi all’azione, indossando la maschera dell’ottimismo e del pessimismo.

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