L’AUTENTICO

Il tempo eterno è quello che ha un inizio ma non una fine, evidenzia la durata del tempo che rimane quello spazializzato, lineare.
L’eternità dell’istante non dice di questo tempo lineare eterno, dice dell’istanza, della domanda che incalza costantemente, che non fornisce tranquillità, tutt’altro che l’eterno riposo o l’eterno femminino. Domanda che non trova pace nella risposta.
L’infinito in atto non è quello algebrico con un suo verso, non ha un inizio ed una fine, non è possibile togliere o aggiungere uno ad esso, riferisce di una simultaneità che non è la sincronia del tempo presente.

La simultaneità, l’istanza, l’imminenza.

Anche la ripetizione non è dell’identico ma è proprietà del due originario, del simulacro.

Ecco dunque anche l’eco, indissociabile dalla voce, l’eco e il suo strascico, per cui l’immagine sonora in quanto caleidoscopica, in quanto portatrice di alterità. Togliendo l’eco dalla voce ecco la visione, la spazializzazione, ed ecco il processo per direttissima. La voce senza eco non è più punto d’astrazione ma punto di partenza e punto d’arrivo, ed ecco il processo alle intenzioni.
L’isolamento, l’identificazione della cosa procede dalla visione come spazializzazione del tempo, come placcaggio dell’istante, che diviene così placcato, ed istituisce la durata e quindi la stanchezza, il ristagno al posto del fluire del tempo.
Il tempo spazializzato, e quindi passato presente e futuro.

E’ vero il passato? Quel fatto è realmente accaduto? E allora avanti con le predizioni per il futuro.
Autentico il racconto che non mira a dire il vero come realmente accaduto, né mira ad indovinare come sarà il futuro. Autentico il racconto che non presenta ma annunzia, proferisce novella affidandosi alla voce, novella accolta come dono, come presente.

La ripetizione è originaria, non è possibile toglierla istituendo la ricerca dell’originale rispetto alla copia, sottendendo il giudizio su chi sia venuto prima.

La simultaneità, la giustizia, l’autenticità.

La ricerca dell’autentico, la ricerca di autenticità, altrimenti la ricerca del colpevole, della pena da attribuirgli, la ricerca della via spirituale, animistica, meditativa, alternativa al processo e ai procedimenti penali.
Non è possibile la ricerca in direzione dell’autentico, perché la direzione procede dall’autentico.
Non è possibile seguire programmi e progetti, ma se la vita è presa in una processo di qualificazione, di valorizzazione, di autentificazione, il programma e il progetto si scrivono e la direzione si traccia. Nel graduale spegnimento dell’Alzhaimer è la traccia a venire meno.
Se l’infinito è in atto, se la temporalità è quella della gerundio, se la vita è autentica non è possibile che la vita stanchi, che il lavoro stanchi, la giovinezza è sempre attuale, giova alla soddisfazione e alla riuscita.

Un dispositivo è dispositivo di autentificazione, non di identificazione di chi sia il padre e chi il figlio, di chi faccia il padre o la madre, o sia il padre madre anfibologico, o sia il padre matrice rispetto alla copia figlio, e così via nelle dicotomie intercambiabili, negli scimmiottamenti genealogici reperibili in ogni coppia, in ogni dialogo famigliare, e ove non fossero sufficienti infarciti dall’introduzione dell’animale sempre più domestico perché così il figlio possa educare il padre.

Il Giusto ebraico lo è in quanto ha agito in maniera autentica, genuina, secondo l’occorrenza.

Nessuna novella a Babele per il figlio che ha voluto raggiungere e poi magari superare il Dio padre, solo impossibilità relazionale.
E quindi la Pentecoste ove i popoli s’intendono pur non comprendendosi, senza aver nulla in comune compreso la lingua, senza voler comunicare nulla.

Cristo è il sembiante e non può che essere tripartito, Padre, Figlio, Spirito Santo, da qui la giustizia del discorso di Pietro nella dimora del centurione Cornelio, dell’autenticità ove s’instaura la sembianza, il simulacro, la simultaneità e concomitante l’equivoco del nome e gli innumerevoli appellativi di Dio, la nominazione con gli astanti riuniti per ricevere il battesimo.

Lo Spirito Santo, il Paracleto, l’in-vocatus, l’ad-vocatus, l’avvocato, la giustizia come prerogativa dell’instaurazione del sembiante, così come il processo e la procedura del Filioque, la processione simultanea e non la successione, l’adiacenza, l’ad-vocare, l’abduzione dell’eco che ritorna.
Lo Spirito occorre ove la visione impossibile del sembiante se ne va, e così Cristo agli Apostoli “Occorre che io vada”.

Il ritorno del rimosso non è il ritorno di un fatto accaduto, rimosso e che ritorna, il ritorno del rimosso è originario, s’instaura quando s’instaura il sembiante.
Il dispositivo si instaura, non è assumibile come una pasticca, a piacimento, quando si vuole.

Così un testo non è mai stato scritto, ma incontrando l’Autore può continuare a scriversi.
Senza autenticità la vita non può continuare a scriversi.

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