La frontiera dell’inedito

 

Si sente spesso dire, e non solo in ambito sportivo, che è importante mettersi alla prova con se stessi. Anche se c’è l’avversario, come nel tennis, la prova risulta sempre con se stessi. Occorre superare i propri limiti, accettare i propri limiti, misurarsi con l’avversario, accettare la sconfitta, darsi degli obiettivi, raggiungere gli obiettivi.

Yes we want, yes we can. E quando l’obiettivo non è stato raggiunto la colpevolizzazione “non lo hai voluto abbastanza!”

No! L’importanza non è mettersi alla prova, l’importanza è mettersi in gioco.
Mettersi in gioco perché il gioco allontana delle cose serie, di vita o di morte.
Precisamente mettersi in gioco come lasciarsi giocare dalla parola, dal fare, dallo scrivere.

L’unica regola del gioco è non demandare, non lamentarsi, non predestinarsi, non risparmiarsi, non preservarsi, ma procedere nell’occorrenza.

Il limite che occorre sempre superare è il limite soggettuale.

Il superamento di questo limite simultaneamente spalanca la frontiera della riuscita, dove le cose si scrivono, si fanno e si dicono oltre le facoltà volitive del soggetto.

Frontiera d’inedizione, di apertura, di avventura.

Frontiera di danza, come imperfezione di gesto che prosegue.

Gli incontri avranno a che fare con la provvidenza, saranno provvidenziali.

 

20 Marzo 2010

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