Le donne incinta

 

Nunzio La Fauci fa rilevare un interessante lapsus collettivo, che lascia intendere interessanti possibili implicazioni.

La parola incinta viene usata per aggettivare una donna quando si trova nel periodo di gravidanza, ma non prende il plurale quando si indicano più donne, dicendo comunemente ad esempio ecco un gruppo di donne incinta.

La condizione della donna incinta lascia intendere l’idea della sembianza, e si dice che la donna assuma un’aura di splendore quando si trova in stato interessante.

Donna in stato di grazia portante in grembo un esserino che nei primi mesi ci si potrebbe azzardare a chiamare assoluto sembiante.

La questione è dunque quella del sembiante.

L’etimologia del termine plurale attiene al più, all’aggiunta, all’abbondanza, al lusso, al pleonasmo, non è in opposizione al singolare.

Il sembiante come oggetto nella parola, come ostacolo che s’incontra facendo, non come oggetto sostanziale di questo mondo.

La precisazione di quest’oggetto non è computazionale e ordinale, sancisce l’aritmetica secondo il numero e non i numeri per contare del discorso algebrico.

Il sembiante è sempre in direzione della precisazione come singolarità, come stile che procede da infinite declinazioni.

Un bambino nasce in tutto e per tutto sulla strada della singolarità per impattare in frasi considerazioni e dettami educativi che lo vorrebbero porre nell’insiemistica del tutti uguali.

L’uno e trino evangelico, il singolare e triale verdiglioniano non è da prendere alla lettera (o al numero), perché il tre sta ad indicare il plurimo che altrimenti il due rischierebbe di portare in opposizioni dicotomiche.

Singolarità e simultaneità, ovvero questa singolarità non esclude il simulacro, la simulazione originaria per cui le cose sono sempre seconde senza essere mai state, questione questa raramente intesa, indi per cui ecco i corsi e ricorsi storici, la causa e l’effetto, la verità di mamma.

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