Ma possiamo fermamente credere che le cose non funzionino perché non sono ben regolamentate? E quindi manchino le giuste leggi, i giusti divieti, i giusti regolamenti?
Da sempre quella della governance è questione fondamentale.
Anche Vico parla dei primi uomini, chiamandoli primitivi poeti, che cominciarono a stanziarsi con la pratica dell’allevamento e della coltivazione, attività fondamentali per la formazione del nucleo famigliare, allargato poi al villaggio, così da innescare una trasformazione generale comprendente le persone stesse, che si distinsero fortemente da quelli che rimanevano selvaggi e selvatici. La differenza creatasi era tale che spesso capitava che i selvaggi attaccassero con fare predonesco i villaggi. A quel punto si organizzava una difesa, ma era conseguenza dell’occorrenza.
In questa mitica, ma non per questo meno importante costruzione vichiana, c’è l’essenziale: solo il lavoro d’impresa, il lavoro umile ingenuo e pionieristico può consentire le relazioni, così che le forme di governo di organizzazione ed anche di difesa siano dettate dall’occorrenza.
Oggi invece si è costretti a vivere nello standard come modello da seguire, o ad arrabbiarsi perché i governanti non fanno ciò che sembrerebbe proprio ovvio fare.
Ci si arrabbia perché si trova innanzi sempre l’ovvio, come fosse un’ombra, invece che trovarsi nell’occorrenza.
Anche la forma di governo va scelta, va seguita.
Prima di mettersi a fare occorre trovare la forma giusta di governo. Lo Stato dovrebbe garantire il lavoro, il modello di lavoro per cui si ha studiato.
Non è importante l’essere al lavoro e quindi incontrare una famiglia, ma fare una famiglia diventa un affaccendamento per non essere al lavoro.
Non si parla di quest’esigenza, né si riesce ad incontrare l’occorrenza, tutto è salutismo, perbenismo, spiritualismo, come se la vita fosse solamente passare il tempo cercando di stare bene e rimandare il più possibile il tempo della morte.
E il racconto, l’impresa, le invenzioni che dovrebbero riguardare ciascuno?
Oggi non c’è più da difendersi dai selvatici, ma dell’apoteosi sociale dei morti viventi.