La relazione

 

Onda lunga del Roland Garros 2012

Fa molto piacere del salto di qualità di Andreas Seppi, perché lui è il suo allenatore Massimo Sartori hanno resistito a tutte le critiche che li volevano scindere perché Andreas facesse il salto di qualità. Si sentiva e si leggeva che c’era del lavoro nel team, c’era umiltà, c’era elaborazione delle questioni e del confrontarsi con altri interlocutori, ultimo Riccardo Piatti…e i risultati finalmente sono arrivati…se avesse già fatto prima una partita contro un top come Djokovic, avrebbe acquisito sicurezza sul salto di qualità effettuato, avrebbe perso quel poco di timore reverenziale rimasto, avrebbe vinto il terzo set e chiuso la partita con il serbo già questa volta.

Di Piatti va segnalato che in quasi tutte le interviste ribadisce che non gli interessano prioritariamente le vittorie dei ragazzi che allena, ma piuttosto che crescano come uomini.

Questo esergo dovrebbero essere inciso sui portali di tutti i circoli tennistici, che i ragazzini purtroppo sono costretti a frequentare, e così a dover assistere ad adulti che pensano solamente a vincere, che non hanno la benché minima idea di cosa sia “fare del tennis”, usando da decenni lo stesso gioco, tendenzialmente altamente difensivo, rubando punti, manifestando magari un perbenismo di facciata, esplicitando un attaccamento, un’avidità che sicuramente li accompagna in tutti gli ambiti della vita.

Quindi al circolo per costoro occorrerebbe anche la frase che Zarathustra pronuncia scendendo dalla montagna dove si era ritirato: “ciò che si può amare dell’uomo è che è un passaggio e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non come gente che tramonta, perché sono quelli che passano dall’altra”…ovvero la vittoria è tramontare dalle convinzioni, dagli arroccamenti, dai difetti presi come caratteristiche, e mettere sempre in gioco ciascuna questione, nessuna paura di perdere e sbagliare.

Cos’è dunque questa crescita?

E’ la questione della lettura come colmo della scrittura. Per leggere occorre scrivere e perché qualcosa accresca, si scriva oltre il soggetto padrone di se e arroccato nelle sue sicurezze e nei suoi talenti, occorre il lavoro, la relazione.

Quindi una collaborazione non deve essere un lavorare insieme, un lavoro di coppia, ma occorre puntare a relazionarsi, c’è un argomento da indagare, facciamolo entrambi e confrontiamoci, ci sarà del malinteso, ma ci sarà anche qualche nuova inaspettata trovata.

Ciascun elemento indagato può divenire interessante.

Una collaborazione deve essere dispositivo per riuscire a relazionarsi anche fuori da quella relazione, a sviluppare interessi, a proseguire nella scrittura.

A quel punto inaspettate le cose accadranno senza volerlo, ci riguarderanno ma è come se venissero lette con leggerezza mentre accadono, non secondo un principio di volontà, sacrificio e sofferenza soggettuale. Quello che esprimeva Seppi l’altro giorno era assoluta leggerezza.

E va anche registrato che Seppi, Sartori, Piatti, continuano incessantemente a scrivere, si cimentano con la scrittura, chi un diario di bordo, chi un’analisi dei colpi, che opinioni o risposte a domande più varie.

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