Il noi e il ciascuno di noi

 

Così il teologo Ortiz, dopo aver ricevuto gli Esercizi Spirituali da Ignazio, in merito ad una nuova teologia: “ C’è una grandissima differenza tra lo studiare che l’uomo fa per insegnare ad altri, e lo studiare che fa per operare egli stesso; dal primo, infatti, riceve lume l’intelletto, ma col secondo si infiamma la volontà nell’amore di Dio. ” [Vita di Sant’Ignazio di Loyola – Pedro de Ribadeneira]

La conversazione analitica come provocazione al percorso intellettuale non contempla l’illuministico intelletto soggettuale, appunto prerogativa dell’apparato scolastico ed universitario, collegato ad un sapere, perché è percorso di scrittura e lettura nel quale tra le parole (inter) s’intende, si raccoglie sempre dell’altro (“io sono colui che raccoglie dove non semina” – Parabola evangelica dei talenti), non senza novità e pleonasmo, così che questa volontà non sia più soggettuale, ma sia l’instaurazione di un automatismo di iniziative che giungono a compimento senza finire, cioè problematiche, enigmi, che si risolvono perché trovano cifra e formulazione nel modo, nello stile della domanda.
Questa volontà non è soggettuale ma è prossima alla pulsione associativa, coinvolgente, che instaura il noi e quindi il ciascuno di noi.

Nei religiosi tendenti all’eremitaggio e alla clausura si sente spesso dire che lo fanno per il bene dell’umanità, che le loro preghiere, il loro lavoro avrà benefici come fosse una benedizione urbi et orbi. Questa affermazione non è da prendere alla lettera, dove al limite potrebbe direbbe qualcosa di un discorso isterico altruistico, ma lascia intendere che costoro sentano la questione del ciascuno di noi, come questione che non può escludere la solitudine, ovvero l’integrità e la fortezza del solus come compagno di viaggio, il solus uno e trino, intero e trino, integro e dispensatore.

Si dice che non c’è conversazione se non c’è transfert, se non c’è amore. L’amore come camare, come carità, ovvero la carità è di chi la fa o di chi la riceve? Di chi è questa mancanza che provoca a continuare a dire e a fare? Amore non senza odio. Occorre giungere all’odio perché la mancanza non appartenga all’analista e sia originaria. Una mancanza del tempo presente a se stesso, quindi l’instaurazione del tempo, il tempo che come diceva Carmelo Bene, quando manca, quando non interviene, provoca nostalgia.

E sempre Carmelo Bene in merito alla teologia, diceva che in teologia non si danno risposte, ma si formulano solamente domande.

Paradossale che proprio i gesuiti, proprio Ignazio che attraeva con la sua persona, in atto, che era infiammato da quest’amore, per proseguire nell’articolazione del progetto che stava scrivendosi dovette accettare di rivolgersi agli studi, ed oggi, dopo tutte le traversie e le iniziative che l’hanno accompagnata, la Compagnia di Gesù sia nota soprattutto per i propri istituti scolastici.

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