Le conseguenze dell’amore

 

Film di piacevole regia, con musiche moderne ed elettroniche, contrastanti ad hoc lo stile demodé dell’albergo svizzero in cui è ambientato.
La trama è intessuta di vicende che si articolano e dispiegano improvvisamente ed inaspettatamente.
Film straordinario perché favorisce l’ascolto distaccato occorrente a cogliere qualcosa perché il film possa proseguire a scriversi.
Un film triste, drammatico, cupo? Come ha detto chi, solito giocarsi le visioni sul piano dell’abbaglio, l’ha giudicato brutto perché non consentirebbe l’identificazione.
La lusinghevole recensione di questo film non si basa su un giudizio moral-estetico, ma per quello che lascia come resto, per l’apertura che concede all’elaborazione teorica, alla possibilità del piacere intellettuale, perché qualcosa si faccia cogliere e sia viatico perché qualcosa si dica.

Le conseguenze dell’amore quindi.

Innanzitutto l’innamoramento per la cameriera, alla quale il protagonista fa un regalo che lo espone a grossi rischi (in primis con il direttore di banca e poi con i padrini siciliani), per poi accorgersi che la giovane ragazza potrebbe essere molto esperta nell’accompagnare i facoltosi clienti dell’hotel.
Gli accadimenti con la cameriera come riproposizione d’un amore che parte in tempi lontani, e parte dove partono tutti gli amori, nell’ideale rapporto infantile con la madre.
L’amore, l’abbaglio, il fantasma materno.
Il protagonista apparentemente privo d’emozioni, di capacità d’amare la vita, di creare delle relazioni, nelle ambientazioni che lo circondano, come nel narcisismo in cui si trova immerso (come il cemento nel quale annegherà), è sempre alle prese con l’incestuoso rapporto materno.

La Svizzera, con la sicurezza, l’ordine, la maniacale ossessione per i rituali. Ma anche la tristezza e la monotonia che spesso contraddistinguono i suoi abitanti.
La tristezza, proveniente dalla mancanza di elaborazione del lutto (Freud sottolineava l’impossibilità che il non riuscire a riprendersi da un lutto o da una delusione d’amore dipenda dalla gravità dell’accadimento in se), oltre che dall’incapacità di giocarsi nel simbolico l’allontanamento e il tradimento della madre, rifugiandosi in ambienti sicuri come la Svizzera, o finendo in ambiti di massima chiusura come la mafia, la grande mamma, la grande cupola.
Da ricordare la frase del protagonista ai mafiosi “Mi avete rubato la vita”, per cui il suicidio come massimo gesto di protesta.
Il correre grandi rischi (il bluff in banca, la carriera di giocatore di borsa) dice dell’incapacità rispetto all’unico rischio possibile, il rischio di parola. A tal proposito la frase detta quando si avvicina alla cameriera: “Devastanti saranno le conseguenze del sedermi a questo bancone” (a proposito d’azzardo, si chiama bancone anche quello del casinò).

Interessante anche la risposta a chi gli chiede perché vuole che i soldi siano contati a mano invece che con le macchinette: “Perché se non ci fosse più la fiducia negli esseri umani non varrebbe più la pena vivere”. Ennesimo tentativo di ricostruire questo rapporto con la madre e quando questo sembra irrimediabilmente disilluso, il fatale gesto, ma soprattutto l’ultima straordinaria convinzione, cioè che il suo amico (che non vede e non sente da trent’anni) ogni tanto lo pensi, in conseguenza di un’amicizia permanente. Assolutamente pieno fantasma materno, la mamma sa quello che voglio io e io so quello che vuole la mamma, ed i conseguenti discorsi di sapere e di credenza.

Nelle recensioni e nelle interviste al regista non si colgono risposte vicine a queste tematiche. Potrebbe dipendere da chi, oltre che come e dove è stata posta la domanda, ma soprattutto non è nella dimensione della consapevolezza e della volontà che le opere possono riuscire.
Anzi, il compimento sta in ciò che rilasciano all’insaputa dell’autore materiale, da quel resto che testimonia la riuscita intellettuale, cioè che le cose non si possono scrivere ma accade che si scrivano, non si possono cogliere ma accade che si colgano.

Spesso la domanda “Ma perché fare psicanalisi?”.
Uscire da una sala cinematografica e riuscire a cogliere qualcosa di un film come questo, essere in grado di cimentarsi nella scrittura e nella produzione di queste righe ha una soddisfazione impagabile.
La riuscita nella vita può essere solamente intellettuale. Ecco perché la psicanalisi attiene al lusso, quindi non ha prezzo.

30 Ottobre 2004

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