This must be the place

 

Torino, 22.10.2011 – Libreria Legolibri – DAL BISOGNO ALLA DOMANDA ALL’ASCOLTO

 

Una sera del 2004 mi trovai in un cinema d’essai (allora esistevano ancora) a vedere un film dal titolo Le conseguenze dell’amore, di cui non conoscevo né titolo né trama, né avevo letto recensioni.
Fui affascinato, andai a rivederlo pochi giorni dopo, cercai notizie su questo giovane regista napoletano di nome Paolo Sorrentino. E così subito a farne una recensione e ad andare in videoteca ad affittare il suo primo film, L’uomo in più.
Poi vennero L’amico di famiglia, Il Divo ed il libro Hanno tutti ragione.
Straordinario e nuovo era lo stile di regia, di racconto. Avvincenti i personaggi e le fantastiche storie proposte.
Subito anche l’idea, finora non portata a compimento, di intervistare Paolo Sorrentino, per riprendere la tematica che nel film sembrava esplicitarsi così bene, la tematica del fantasma materno, cioè del mito che non passa in racconto, dei fatti, del sapere, della materia che non passa in materialità della parola e quindi non consente la libertà, anche se ci si isola in Svizzera come contabili stipendiati dalla mafia, o si rimane impastoiati in un connubio materno come l’usuraio dell’Amico di famiglia.
All’epoca pochi andarono a vedere il film e molti furono i commenti negativi, anche perché la dinamicità del film non permetteva di poter seguire comodamente e cronologicamente la storia.

Sono passati sette anni, e qualche giorno fa mi sono recato a vedere This must be the place, l’ultimo film di Paolo Sorrentino uscito recentemente nelle sale italiane.
Questa volta per motivi di orario sono andato nella multisala vicino a casa, raggiungibile a piedi in cinque minuti. Era la terza volta in vita mia che entravo in una multisala.
Questa volta il film è in programmazione a Torino addirittura in sei sale differenti, è pubblicizzato in tv, sui giornali, nei manifesti delle strade, dove al posto di Tony Servillo, all’epoca quasi sconosciuto, c’è ora il faccione di Sean Penn, con tanto di rossetto e voluminosa parrucca. Pare anche che l’affluenza nelle sale sia buona.
All’entrata attesa di dieci minuti perché non funziona il computer, e non si possono quindi fare i biglietti. Così l’incontro con due arzille pensionate che raccontano di venire molto spesso in quel cinema al pomeriggio, perché così, partendo da casa, approfittano per farsi una lunga passeggiata. Anche loro vanno a vedere Sean Penn, ma non conoscono Paolo Sorrentino. Gli cito i film che ha fatto ma confermano di non aver mai visto un suo film.

Ancora una volta il film è geniale.
Le tematiche che affiorano sono molte e si cifrano in frasi come:
“Com’è che oggi tutti parlano d’arte e nessuno più lavora?”
“Per corteggiare una donna occorre lasciar fare al tempo, che sia il tempo il corteggiatore…”
Quella che emerge di più è comunque una rielaborazione della tematica del fantasma materno, cioè quell’enorme contraddizione che ciascuno a suo modo si è trovato a dover affrontare nella vita: il distacco inevitabile e necessario dalla madre, dal padre, dalla famiglia.
Nel film c’è una giovane madre del New Messico che si trova a crescere un bambino da sola, perché il padre è probabilmente morto in guerra. Quella madre dice che la presenza del figlio, per il suo essere così innocente, è il più forte additivo a superare le difficoltà.
Ma c’è anche una madre dublinese, disperata perché il figlio da un giorno all’altro è andato via di casa, e sono ormai settimane che non si fa più sentire.
Ma la madre degli uccellini li incoraggia, li spinge quasi fuori dal nido.
Com’è che Cristo [Marco 3, 31-35] giunge a non riconoscere la madre e i fratelli genealogici?

Uscendo dalla sala nuovamente l’incontro con le simpatiche signore a cui chiedo: “Allora?”
E loro alternativamente: “Non so…” “Questo personaggio…” “Non si coglie quello che volesse dire..”
Ed io: “Questo signore, è Sorrentino…”

Oggi, alle due simpatiche signore e a voi tutti aggiungo:
This must be the place, questo deve essere il posto, in questo film, in questo non luogo possiamo trovare l’Ascolto per formulare e soprattuto per non chiudere la domanda, per proseguire il racconto.
L’Ascolto non è prerogativa di nessuno e soprattuto di nessun soggetto.
Pochi hanno seguito Cristo.
Cristo sembiante per gli Apostoli, ma chi era sembiante per Cristo? Chi è stato sembiante per Sorrentino?
Per molti, come per gli Apostoli, è stato necessario Cristo, altri si sono trovati, le vicende della vita li hanno portati a saperci fare con la sembianza che è nel fare, nel gerundio, nello scrivere, a non spaventarsi per quella punta d’angoscia della sospensione, dell’intervallo tra il nido e la terra, tra il cielo e la terra, perché solo lì è possibile trovare l’Ascolto per poter volare, per poter danzare.

This must be the place

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