Il confine tra corpo e scena

 

Claustrofobia e agorafobia come effetti della mobilizzazione tra corpo e scena.

L’esempio classico della claustrofobia è quello dell’ascensore, cioè persone che sono soggette ad attacchi di panico, che vanno in crisi quando si trovano in ascensore senza che l’ascensore rimanga bloccato.

In un ascensore chiuso si perde, vacilla il confine tra corpo e scena, tra soggetto ed oggetto, precedentemente fissato e rappresentato.

La crisi perché crolla il mondo della rappresentazione, si spalanca il confine ed il limite diventa infinito. Un infinito in atto, un transfinito.

Come sostenere questo squarcio?

Perché in ogni fobia c’è una forte attrazione?

Verso cosa si è attratti?

L’attrazione è verso la tratta, verso la trattazione, verso la scrittura di questo limite.

Come dice Pavese ne Il mestiere di vivere, le difficoltà non vanno accantonate ma attraversate.

La scrittura di questo limite come attraversamento, come cifratura.

L’amore, il transfert d’analisi va attraversato.

Se c’è amore tra due parlanti è perché c’è coppia e quindi rapporto algebrico, c’è la divisione senza resto dell’uno che si fa in due. Ed è così difficile sostenere ed attraversare la fine di un amore senza giungere allo sfinimento, senza che la coppia scoppi.

Spesso si sente dire che occorre desiderare il partner quando invece il desiderio è desiderio di nulla, è una condizione non ontologizzabile, non fissabile su qualcosa.

Dire che si desidera sempre altro vuol dire che da qualche parte c’è un oggetto idealizzato e quindi quelli che si presentano sono inadeguati.

Dire che desideriamo Altro vuol dire che siamo nella condizione magnificamente detta da Carmelo Bene come nostalgia: “La nostalgia è del tempo che non fu mai presente a se stesso”.

Il desiderio è dell’Altro, cioè ci troviamo desideranti senza sapere di cosa.

Per rendere una situazione insituabile occorrono dispositivi intellettuali. Dispositivi perché dispongono verso altre situazioni, perché propongono il gerundio che non è il tempo presente, ma il passato che procede dal futuro, la simultaneità tra sogno e racconto di sogno, tra voce ed eco della voce.

Occorrono situazioni ove non ci siano disposizioni ma dove si possa incontrare il sembiante.
Non accade dall’oggi al domani di poter essere sembiante per altri.

 

18 Novembre 2011

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *