Il sembiante

 

Ciclo di incontri promossi da LUNIPSI dal titolo Dalla parte dell’Inconscio. La specificità della ricerca in psicanalisi – Torino, Sala antico Macello di Po, 11 Ottobre 2014

 

Malgrado abbia letto Lacan, malgrado abbia letto ancor più Verdiglione, malgrado sia socio fondatore di Tracce Freudiane e abbia ascoltato assai i seminari di Lodari, parlare del sembiante, o introdurre il termine sembiante nei miei scritti, è cosa rara perché ad oggi è ancora molto difficile.

Forse lo sarà sempre, perché è tentare di dire rispetto a qualcosa che non è una cosa, che non è l’Altro.

Per l’Inconscio, che compare nel titolo di questa rassegna di serate, è più facile, perché si lascia intendere come altro modo di chiamare l’Altro con la A grande, il grande Altro.

Storicamente si è sviluppata la dicotomia dell’inconscio rispetto al conscio, perché il conscio invece che inedito, inconscio in quanto scibile, in quanto sciente, in quanto taglio e quindi sempre nuovo taglio, stile, è divenuto un sapere condiviso chiamato coscienza, di cui dotare il soggetto, il soggetto coscienzioso e responsabile, che rivendica una singolarità anomala e se vogliamo divertente, perché invece che invocare ed evocare il conscio in quanto taglio, reclama gli stessi insiemistici, coscienziosi e democratici diritti: “Siamo tutti uguali”.

“ Così vi dico per metafora a voi che fate girare la testa alle anime, voi predicatori dell’uguaglianza! Per me siete delle tarantole e segretamente vendicativi….Voi predicatori dell’uguaglianza, attraverso di voi la follia tirannica dell’impotenza cerca gridando l’uguaglianza: le vostre più segrete voglie di tirannia si camuffano così da parole di virtù!…La giustizia infatti a me dice: – gli esseri umani non sono uguali…e non devono neppure diventarlo! – ” [ F. Nietzsche, Delle tarantole – Così parlò Zarathustra]

Altra cosa non da poco che affiora da questa disamina è che l’Inconscio ha a che fare con il sapere, e che il sapere non può che essere inconscio.

Ma se riportiamo e riprendiamo il conscio, lo sciente come inedito taglio, dove va ad aggrapparsi il soggetto? Riesce ancora ad aggrapparsi all’oggetto come qualsiasi cosa che percepisce esterna?

Se non tiene più l’opposizione conscio – inconscio non tiene più quella soggetto – oggetto.

L’oggetto, l’objetto, che si getta contro, che si pone innanzi.
Il soggetto, che si getta sotto, da cui l’assoggettamento che da molto l’idea del cane alla catena, che non può che girare in tondo.

Possiamo solo giocarci quell’innanzi, quell’avanti che non indica l’ostensione del visibile, ma qualcosa che richiama l’avanzare.

Occorre quest’oggetto perché il viaggio possa proseguire, per avanzare, perché ci sia sempre dell’avanzo, del resto, del plus-ultra, perché l’Altro possa essere accolto con le sue virtù come la provvidenza.

Quest’oggetto che non sono le cose materiali, occorre ci sia, altrimenti il materialismo pone subito l’Altro a fondamento del soteriologico, della metafisica religione.

Il Verbo evangelico o l’Azione goethiana sono originari perché si fondano su qualcosa che si pone innanzi, ma che appunto non è l’origine legata quindi ad una presunta fine, ma è qualcosa che è davanti, è avanti, che consente di avanzare, di proseguire verso il provvidenziale inedito; altrimenti il girare in tondo, il girare a vuoto.

Mi sovviene di un analizzante impastoiato nel discorso, che dedito al runnig rilevava che quando pioveva andava in palestra a correre sul tapis roulant per non prendere la pioggia, ma che poi paradossalmente si prendeva regolarmente il raffreddore; questo l’intervento che feci e che ora ripropongo a voi: “allora il correre sul tapis roulant si può intendere come lapsus per dire che la problematica della sua vita sta nel correre a vuoto, nel correre sul posto, nell’affaccendarsi?”

Anche Gian Antonio Gilli sta giungendo a dire che non è possibile la tabula rasa, che discorsi detti psicotici sono tali perché orientati solo e sempre ad attingere nel futuro, nell’arte, nell’altrove.

Possibile che tale estremità, tale emergenza, non riguardi anche chi si pensa normale, chi gioca con le proprie nevrosi per non affogare nel discorso?

Anche per Aristotele il futuro (la futura contingentia medioevale) era qualcosa che metteva in forte discussione il principio del terzo escluso, perché il vaglio di asserzioni contraddittorie necessariamente vere o false poteva farsi solo ad evento accaduto.

Qual’è la scommessa di una conversazione chiamata psicanalisi?

E’ la scommessa che quella conversazione possa dirsi interlocutoria, possa essere dispositivo per l’avvenire.

Ma questo accade solo se giunge ad essere clinica dell’oggetto, se la scommessa è sulle infinite e provvidenziali declinazioni dell’oggetto.

Se tali declinazioni sono infinite quell’oggetto non può che rimanere imprendibile, intoccabile, inassumibile, senza che alcun soggetto si debba assumere le responsabilità, debba emettere responsi, diagnosi, categorizzazioni. Allora può intendersi come si possa chiamarlo sembiante, qualcosa che non può essere ma solo sembrare, innanzitutto non essere, punto vuoto come lo ha chiamato Armando Verdiglione.

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