Chi ama?

 

CHI AMA? – Incontro promosso da Lunipsi – Torino, 26 Aprile 2014, Salone dell’Antico Macello di Po

 

Chi ama?

Queste due parole, questo punto interrogativo, consentono di formulare questioni essenziali rispetto alla vita autentica, rispetto all’esperienza intellettuale.

L’esperienza intellettuale che attiene alla trovata e non alla ricerca.

Chi cerca trova.

Il soggetto cerca e trova….sì, ma cosa trova?

Picasso: Io non cerco, trovo!

L’Io non è il soggetto.

L’Io già fin da Freud era preso in una tripartizione Io – Superio – Es.
Verdiglione passando per Lacan formula Io – Tu – Lui / Sguardo – Specchio – Voce.

Il soggetto trova ciò che cercava, si appaga, punta alla padronanza, all’immobilismo suo e dell’oggetto che ha trovato.

La trovata dell’Io, la sua stranianza sempre a sproposito, è puntuale e rigorosa, è precisa, è stilistica. E qua si può intendere qualcosa della simultaneità che non è la sincronia, operazione intersoggettiva fondata sulla spazializzazione del tempo, sulla presa sulla cosa, su un sapere ontologico che può essere quindi esorcizzato o reso segreto, sotteriologizzato.

Per i soggetti che cercano, l’amore è referenziale e quindi sono alla ricerca di chi ama, perché, come dice Anna Karenina nei suoi ultimi giorni, “E’ impossibile stare senza amore: o sono io che amo, o è lui che mi ama, o lui ama un’altra”.

Anna Karenina, la regina del desiderio indica come l’isteria, senza l’interlocuzione, senza la relazione con questo punto assolutamente irreferenziale che chiamiamo sembiante, può anche lasciarci le penne. Avvalora l’ipotesi di come l’isteria sia prossima alla paranoia, e di come il desiderio sia ancor sempre soggettivo.

Non è al desiderio che occorre puntare, il desiderio non è la sessualità e la sessualità non può andare senza il parricidio.

Sulla scia della stranianza, “Chi ama?” come interrogativo a cui giungere, e non domanda che brama una risposta.

Per una vita autentica, ovvero non senza compimento soddisfazione ed entusiasmo, non è possibile fare a meno del Transfert, dell’amore autentico freudiano.

Ma questo non è l’amore di soggetti sempre impegnati ad amare qualcuno o qualcosa (bambini, partner, genitori, piante, animali). Soggetti che non riescono a rilanciare l’interesse, ed i loro interessi divengono passioni, patimenti, sacrifici, divengono passività di soggetti attivi.

Il transfert e la simultaneità non sono vicende soggettuali, la trovata è sempre una ritrovata, il passato non è mai stato, è un’invenzione che s’incontra nel fare secondo l’occorrenza, associando liberamente.

Il transfert e la simultaneità, il transfert e la ripetizione, per cui le cose si ripetono pur non essendo uguali, pur non essendo mai state.

Chi ama o odia l’analista deve ancora giungere al Transfert, è ancora invischiato in vicende d’amore, d’amore struggente, così come chi ama l’analizzante dice che l’analisi è una questione d’empatia, sguazza nell’empatia, sempre quindi nella acque del patimento.
Nella relazione analitica, in tutte le relazioni (coniugali, di lavoro, d’amicizia), occorre introdurre l’Odio come elemento intransitivo per poter giungere al Transfert.

L’Amore di cui parla San Paolo è il Kama, è il caro, il prezioso, la Caritas, la Carità. Dare e ricevere, indissociabili, che richiamano l’Amore generoso Lacaniano, la generosità: “Trovarsi a dare ciò che non si ha a qualcuno che non lo vuole ricevere”.

L’amore di Cristo è qualcosa che attiene al Padre, al Figlio e allo Spirito, altra tripartizione che nulla ha che spartire con la genealogia padre – figlio.

Cristo è venuto per portare la spada, per dividere chi è invischiato nell’amore famigliare, chi ha troppa famigliarità con la vita, chi pensa che si possa imparare a vivere, chi troppo unito procede dall’uno e punta all’unità, all’unione che fa la forza.

Cristo è morto per amore degli uomini nell’accezione che ha dovuto andarsene perché troppo amato o troppo odiato, perché chi gli stava intorno non intendeva la questione del transfert, non intendeva perché soggetto che cercava di capire prima di iniziare a parlare, che cercava l’esempio da imitare prima d’iniziare a fare, che cercava di afferrare la cosa, che voleva dare del tu al padre, che voleva intendersi con il padre per potersi fare un nome.

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