Le Fonduk Art Cafè – Torino – 1 Luglio 2009
Pazzia d’amore o follia di transfert?
Come accogliere la follia da transfert, come non cadere nella pazzia d’amore.
La storia di Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung allude alla situazione dove l’analizzante s’innamora dell’analista ed in qualche modo viene ricambiato.
“E’ lecito da parte dell’analista ricambiare in affettività o in atti sessuali l’analizzante?” non è la domanda fondamentale, come non è fondamentale sapere se Sabina e Carl abbiano consumato.
Dai carteggi si evince che Sabina ha come faro teorico Freud (Sigfrido nella mitologia è figlio di Sigmund), mentre Jung è più riferimento per domande rivendicatorie connesse alla fine dell’idillio amoroso.
Freud, in Nuovi consigli sulla tecnica della psicanalisi (1913-14), sotto la parvenza di dare consigli, s’interroga sull’amore da transfert. Si dichiara assolutamente contrario al cedere confidenziale dell’analista, perché il racconto delle scene presunte (nei primi tempi freudiani) traumatiche si arrestava, a discapito dell’interrogazione sul sintomo e sulle problematiche della propria vita.
Come a dire che le nevrosi sono tali perché si nutrono della modalità di buttarla in vicissitudini, in rivendicazioni amorose, invece che raccontare.
Si inizia l’analisi in balia della nevrosi, immersi in un discorso amoroso (potremmo aggiungere godimentoso e materno), e necessita il transfert perché le nevrosi divengano nevrosi da transfert, in modo da apportare quel non senso necessario per differenziare la pazzia sistematizzata dalla follia del dispositivo. Follia del dispositivo che non va senza incontri a sproposito, senza provvidenza, senza poesia in ambiti esterni al dispositivo.
Il concedersi dell’analista tarpa le ali al sorgere della follia, lasciando alla pazzia e alla nevrosi possibilità di imperversazione, anche se “il dove e il quando” non è prevedibile.
Jung si è concesso a Sabina?
L’evolversi di Sabina ha del miracoloso, ma attenzione ai clamorosi e spettacolari miracoli, perché la difficoltà non è toglibile dal percorso, fa parte integrante del viaggio, e la semplicità non è mai una volta per tutte.
Il viaggio procede per integrazione, verte intorno all’integro, al cattolico, perché gli accadimenti siano secondo la provvidenza evangelica.
Interrompendo l’analisi ha avuto modo Sabina di articolare il fantasma dell’eroina? Come mai tornando nella madre patria si è praticamente suicidata con un atto da eroe e martire?
Sabina concordava con Freud nel dire che l’analisi apre la strada per la sublimazione come approdo di una vita, quando lo sviluppo verso di esso si fosse arrestato.
La sublimazione non porta necessariamente a qualcosa di clamorosamente e socialmente riconoscibile, ma, prendendo spunto dall’accezione di sublimare usata in chimica, (un procedimento che consente di far passare una sostanza solida allo stato gassoso per poter poi precipitare e condensare in un cristallo), si può intendere come condizione per la quale la sostanza, il sintomo certo e caratterizzante, dopo essersi dissolto nella relazione allo stato gassoso, nebuloso, nel quale a spadroneggiare è il significante, ritorna sublimato, comunque differente, avendo perso l’ontologico e giungendo alla cifra, allo stile. E la cifra non attiene al sociale ma riguarda ciascuno. Questa l’arte.
Non si può parlare di sviluppo come fosse un progresso, che potrebbe prevedere quindi anche un regresso verso qualcosa, nella fattispecie verso la sublimazione.
Lo sviluppo è scioglimento, squarcio, apertura.
L’analisi è necessaria quando il sintomo è coincidenza tra sviluppo e sublimazione, tra soggetto e oggetto, ed è quindi sintomatico. L’analisi per trasformare la coincidenza in simultaneità, la sincronia, la cronia, la cronicità, nell’apertura della differenza originaria.
Sviluppo inteso come relazione a tre, dove la novità, l’abuso, giungono per abduzione, dove l’oggetto non è più oggetto d’amore, dove le cose e le idee si sviluppano, si trovano e non si cercano, non rappresentabili perché non nel tempo presente, ma nel gerundio, dove l’interlocutore è preso nell’interlocuzione.
Il sembiante, la sembianza nella parola.
Se non si accoglie la provocazione del sembiante, la provocazione a fare secondo l’occorrenza e non seguendo ideali, allora il timore e la fuga da esso, e quindi l’arroccamento, la credenza nel fatto, nel misfatto, nella fattucchiera, nel soteriologico, nell’origine, nella finalità, seguendo il fascino della pazzia, inseguendo e tentando di fornire prove d’amore.
Sabina è ossessionata nel volere il figlio Sigfrido. Il figlio eroe senza paura. Il figlio nato dall’incesto tra fratello e sorella.
Sabina lascia intendere di come l’amore autentico non sia quello tra gli amanti, tanto meno tra madre e figlio, ma vada ricercato nelle relazioni fraterne, dove l’amore non va senza l’odio e va perseguito ad ogni costo.
Sabina Spielrein, una Antigone dei tempi moderni.
Sabina enuncia la questione dell’isteria: come introdurre Dio? Come non scambiare l’altruismo per la generosità?
All’epoca greca le donne mortali si accoppiavano con gli dei, e i matrimoni venivano combinati anche con parenti più prossimi. Quale patrimonio volevano conservare facendo ciò?
Sofocle sentiva ancora fortemente l’influsso dell’oratoria che aveva trovato il massimo esponente in Omero. L’Epos era ancora vissuto.
Gli eroi erano tali perché dimoravano nell’Epos e nel Mythos, perché si respiravano come l’ossigeno nell’aria, e non icone sociali raggelate e raggelanti soggetti spettatori di improvvisati eroi da deificare, o in attesa del tempo giusto per emulare, lasciandosi quindi andare ad improvvisi eroismi.