Il transfert e il burka islamico

 

 

 

Ciclo di incontri promossi da Lunipsi a Torino presso la libreria Belgravia.

 

Spesso nel cercare una differenza tra analisi e mondo psi ci si è avvalsi del transfert come schibboleth.

Transfert come condizione affinché ci sia analisi, quindi se non c’è transfert non c’è analisi, tutto è psicopompismo, ovvero le anime vengono traghettate verso il regno dei morti, vengono accompagnate alla morte bianca, alla stupidità, attraverso un consiglio o un dettame dopo l’analisi dei fatti, una sorta di paradiso in terra a cui giungere tramite un’operazione purista di purgazione, di confessione, di tirar fuori.

Freud indica transfert quella condizione per cui l’analizzante cercando il sapere dell’analista, chiedendo gli venga comunicato e trasmesso, riversa sull’analista la propria storia, le problematiche, i sintomi che lo tormentano, incappando quindi nell’amore da transfert e nella nevrosi da transfert.

Freud aggiunge che questa condizione amorosa è ostacolo alla cura, ma sia necessaria e vada superata.

Condizione amorosa che scatena e mette in luce resistenze di ordine soggettivo, o meglio soggettuale (in particolare modo rivendicazioni e corteggiamenti verso l’analista), che impediscono di esplorare dinamiche, articolare problematiche, intersiare storie, sulla strada che Freud chiama sublimazione.

Già Freud si accorse che l’operazione nettatrice del sintomo non fosse possibile, così come sul versante del sapere non fossero veritiere le interpretazioni o scoperte della storia di se che l’analizzante proponeva.

L’essenziale è giungere dunque all’elaborazione, all’orat et laborat, ad un parlare che sia imprenditoriale, ad innescare un lavoro che non può disgiungersi da un dire, da un narrare, dove non sia possibile contrapporre il dire e il fare, ad accorgersi che “una cosa è il dire, l’altra il fare” è solo un luogo comune.

La conversazione analitica quindi un non luogo, non comune, dove nulla è dato per scontato, dove non dire banalità e pettegolezzi, dove la cifra a cui giungere non sia il luogo comune, ma cifra come qualità della parola, come valorizzazione delle cose che si fanno, delle cose che si scrivono.

La conversazione come dispositivo, perché le cose si dispongano e si valorizzino verso la qualità e la cifra.

Quando si dice transfert, positivo o negativo, si intende la reazione al transfert, legata al dialogo dicotomico maestro allievo, al rapporto soggettivo, tra soggetti, intersoggettivo, ad un discorso amoroso, circolare, che messo alle corde dal transfert impazza, corre all’impazzata, in maniera vorticosa, ma non è transfert.

Il transfert è qualcosa che attiene alla venuta incontro come ostacolo, che richiama etimologicamente l’oggetto, è l’irruzione dell’odio, della sua irriducibilità ad essere posto come contraltare all’amore.

L’amore, camare, la carità.

L’oggetto che viene incontro è imprendibile ma non è in perdita né è perduto, non manca di nulla ma attiene all’amore perché, come diceva Lacan, attiene al dare quello che non si ha, dice dell’accrescimento riguardo al patrimonio intellettuale, dice delle cose che diventano preziose in tempi di carestia, del credito che procede dal debito.

E’ ossimoro, mancanza è accrescimento verso la qualità, verso la cifra.

Rammenta Mannoni che per Freud il transfert non fosse effetto ma causa di scoperta della verità propria ritrovata….No!

Il transfert è causa perché è oggettuale e non effettuale, non finalistico, perché non risponde più alla logica giudiziaria, incriminatoria, intimidatoria di causa ed effetto. Il transfert è causa perché le cose possano procedere per abduzione, perché l’integrità cattolica sia virtù di un procedere per integrazione in direzione dell’inedito.

Altrimenti la scoperta come svelamento, come verità rivelata, come discorso integralista che si manifesta ad esempio nel burka islamico.

Il transfert, non necessarietà soggettiva di fare, di passare all’atto, ma occorrenza delle cose che si fanno si dicono e si scrivono puntualmente a sproposito.

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