Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte

 

[132]* E’ nel campo della sessualità che si producono le nevrosi

C’è sempre da chiedersi quando si legge un quotidiano o si assiste alla messa in onda di un telegiornale che interesse possano destare articoli di cronaca riportanti notizie di incidenti sciagure ed assassini, in ogni caso annunci di morte. Come se occorresse informare l’opinione pubblica depressa e annoiata in modo da svegliarla e rivitalizzarla con notizie di morte.
Rende attoniti non il botto, il tuono, il fragore dell’esplosione d’un aereo quando precipita, ma le frasi che seguono la segnalazione della sciagura: non c’erano italiani (se siamo in Italia) a bordo – siamo in attesa di sapere se vi siano connazionali nell’elenco delle vittime.
E gran parte degli spettatori si nutrono ed attendono questo genere di notizie.
Stesso discorso quando ci sono i resoconti di guerra.

Allo scoppio della prima guerra mondiale Freud rimase scosso e turbato, ma poi scrivendo portò a compimento nel 1915 pagine che presero il titolo di Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte.
Pagine che iniziano con Freud che si chiede come le presunte società civili, che tanto fanno per legiferare penalmente sul gesto di uccidere un’altra persona, possano ancora rivolgersi alla guerra ed alle sue nefandezze.
Ricorda Freud di come le pulsioni umane siano assolutamente egoistiche, testimonianza della quale è l’innocente ma altrettanto perverso e spietato bambino [137]. Se una persona diventa per lui ostacolo con qualche gesto offesa o proibizione, immediatamente augurio di morte.
Ad un certo punto questi ostacoli sociali, sotto la spinta di un influsso di civiltà, indurrebbero attraverso l’erotizzazione il convertirsi delle pulsioni egoistiche in inclinazioni altruistiche [130].
Si proporrebbe cioè la dicotomia amore – morte.
A sostegno di un comportamento altruistico e quindi corretto, l’inserimento in società della ricompensa e del castigo.
Quante morti oggi, quante guerre, quanti assassini, quanti infanticidi, e contemporaneamente perbenismo, altruismo, impegni nel e per il sociale. Slogan che presentano l’amore come risolutore di tutti i problemi, accompagnato però da erotismo dilagante in svariate forme.

Lo scritto Freudiano si sviluppa articolando l’atteggiamento umano di fronte alla morte. Morte all’altro per tener lontana la propria, per salvaguardare il proprio io.
Qua si lega anche una lettura dell’identificazione umana agli eroi di una tragedia per tentare di rappresentare la propria morte, di sperimentarla senza però morire [139].
Culminante l’annotazione che vedrebbe l’origine della filosofia e le sue speculazioni nell’enigma della morte [141].
Così come [141] la nascita della psicologia dovuta al conflitto emotivo di fronte alla morte di una persona cara, per tentare di dire qualcosa rispetto all’insorgere di un insensato senso di colpa, concomitante magari alla comparsa di spiriti maligni vendicatori.
Verso fine scritto [146] Freud dice che rispetto al passato, dove queste dinamiche portavano verso la chiusura immaginaria della dottrina dell’anima, al tempo in cui scriveva si poteva interrogare la nevrosi e quindi l’inconscio, quindi la sessualità e quindi il sogno (vedesi Introduzione alla psicanalisi – Lez.15, Par.4).

L’inconscio non ci appartiene.
L’inconscio è in atto sia nella parola sessuale ove c’è sembiante, sia nella nevrosi. Questa la sua importanza.
Il suo irrompere con lapsus, atti mancati, motti di spirito, provoca il riso, sorprende ed è fondamentale perché non indica il desiderio nascosto presunto istintuale, propone l’equivoco, l’apertura, il dubbio, invece che la rabbia dell’indecidibilità sulle cose.
L’inconscio sembra manifestarsi nell’interpretazione dei sogni. Ma queste sublimi interpretazioni non ci appartengono, provengono da un dire astratto, senza un oggetto del dire, da voler dire, da voler comunicare, da rivendicare e di cui lamentarsi. Da un dire che per dirsi necessita della dimensione narrativa.
Ed ecco la regola fondamentale dell’analisi, ovvero togliere l’oggetto del dire e dire la prima cosa che viene in mente (quasi fosse un vocalizzo) per giungere all’essenziale, alla modalità di racconto di ciascuno, allo stile.

L’analisi induce nevrosi da transfert, la enfatizza e la sottolinea perché provoca fantasie d’amore e morte verso l’analista. E così l’odio e la sua intransitività fanno parlare, introducono la sessualità di un parlare aperto, dove l’oggetto occorre perderlo perché desideranti e quindi desideranti di nulla, in una condizione di fede, di incontro verso Altro, dove le cose non sono rappresentate, dove non vi è più la referenza soggetto-oggetto, dove tutto scorre topologicamente tra nome, significante ed Altro.
L’analisi intesa come dispositivo intellettuale per passare dal girare in tondo del fantasma materno al mito della madre.
Il mito della madre perché la madre come oggetto per antonomasia, così come il passato, occorre trovarlo raccontando.
Freud dice che nell’inconscio sembra che tutto sia già avvenuto.
Così il mito della madre che si scrive parlando, dimenticando e trovando, che è sempre un ritrovando, come le cose fossero sempre seconde. Non si è mai nati ma si rinasce, il nuovo, l’originario, il creativo si staglia sempre sul proprio principio.
La madre dunque come deittico materno da trovare, come indicazione, come via, come itinerario.

Freud sempre mitico perché dispositivo intellettuale, perché dispone verso un intendimento non letterale delle questioni che propone, le quali se prese alla lettera non possono che portare a chiedersi: “Cosa fare allora di fronte a problemi d’amore, alle pulsioni erotico omicide, all’angoscia e così via?…”
L’intendimento che propone è la testimonianza di come le questioni si siano scritte facendo, leggendo e rivolgendosi alla scrittura in modo aperto e narrativo.
Il suo testo testimonianza di come le questioni si siano scritte oltre di lui, e siano per noi dispositivo di direzione, perché ciascuno trovi il modo di elaborarle e trovarne altre, proprie in quanto assolutamente inappropriate, fuori luogo, ingestibili e contraddittorie rispetto al gesto della mano che tentava di scriverle.

 

9 Ottobre 2007

 

* I numeri fra parentesi [ ] si riferiscono alle pagine del testo facente parte delle Opere di Sigmund Freud – Bollati Boringhieri Editore – Edizioni curata da Cesare Musatti

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